mercoledì 7 ottobre 2009

Il Dna e la rivoluzione che ci attende

Il Dna e la rivoluzione che ci attende - ALESSANDRO LONGO


Dal 20 al 22 settembre scorso si è svolta a Venezia la quinta edizione del convegno “The future of science”, intitolato “The Dna revolution” (“La rivoluzione del Dna”). Si è trattato di un convegno ad altissimo livello organizzato dalla Fondazione Umberto Veronesi con la Fondazione Tronchetti Provera, nello splendido scenario dell’isola di San Giorgio, nei locali della Fondazione Giorgio Cini. C’è stato il saluto del premio Nobel James Watson, che con Francis Crick nel 1953 ha scoperto la struttura a doppia elica del Dna, il codice genetico delle cellule viventi, e il saluto dell’altro premio Nobel Renato Dulbecco, uno dei promotori del progetto Genoma, organizzato a livello mondiale per la decifrazione completa del Dna umano, un passo fondamentale nel cammino per la comprensione scientifica del funzionamento delle cellule viventi in tutti i suoi aspetti più microscopici. Ed è venuto a parlare Craig Ventre, lo scienziato che bruciò sul filo di lana il progetto Genoma di Dulbecco, completando per primo, con finanziamenti privati, la decrittazione di tutti i 25mila geni umani, grazie a sofisticati metodi computeristici. Proprio Venter, scienziato molto controverso che con la sua società Celera fece una decina di anni fa quello scherzo a Dulbecco e co., ha tenuto un’interessante conferenza sugli studi che sta attualmente conducendo sulla biologia in tutti i mari del mondo. Si tratta di un uomo spregiudicato, ma indubbiamente abilissimo, che si è posto lo scopo di creare un batterio artificiale, sfruttando le conoscenze acquisite con la sua pluriennale esperienza nella biologia delle cellule viventi. È talmente mal visto nell’ambiente degli scienziati biologi mondiali che è stato accusato di andare per gli oceani per diporto, perché si crede Dio e vuole creare la vita artificiale. Questo senza neanche cercare di capire perché Venter si sia imbarcato (è proprio il caso di dirlo) in questa impresa che lo porta in giro per il mondo. Nella sua conferenza ci ha mostrato lo stupefacente sviluppo dei computer di questi ultimi anni, per cui lo sforzo tecnologico che quindici anni fa portò alla decrittazione del genoma umano, con centinaia di macchine che lavoravano in parallelo in enormi saloni, oggi viene svolto da un’unica macchina di dimensioni modeste, appoggiata su una scrivania, in una frazione del tempo allora impiegato. Ebbene, proprio Venter è diventato l’icona dello scienziato pazzo da combattere perché cinico, antietico e insensibile, che vuole distruggere la vita sulla terra per soppiantarla con quella artificiale su cui sta lavorando. Ma naturalmente nella realtà le cose sono profondamente diverse: come ci ha spiegato, i suoi attuali studi in giro per i mari mirano a quantificare la massa di Dna presente sulla terra e la relativa diversità. Ci ha raccontato che prendendo anche pochissimi litri di acqua superficiale da qualsiasi mare sulla terra, ed estraendo indiscriminatamente il Dna totale dagli organismi raccolti, ha trovato una enorme varietà di materiale genetico ed una altrettanto grande diversità tipologica, tale da far impallidire qualsiasi precedente predizione e, questo, anche in luoghi talmente inospitali che fino a poco tempo fa si pensava fossero quasi disabitati dai microorganismi, come ad esempio il Mar Morto. Un altro suo progetto è quello di riuscire a cambiare la specie di una cellula: iniettando un cromosoma intero di una specie di batterio (quindi tutto il suo materiale genetico) in un batterio di una specie diversa, ha ottenuto un batterio diploide (cioè con due cromosomi, anche se un po’ diversi). Con il passare del tempo, il cromosoma iniettato viene riconosciuto dalla cellula ospitante e quindi comincia ad essere trascritto, tradotto e replicato. Nel cromosoma iniettato in precedenza sono stati aggiunti dei geni che codificano per proteine, in grado di degradare specificatamente il cromosoma della cellula ospitante. In questo modo, dopo qualche tempo, con le replicazioni spontanee la cellula ritorna aploide, cioè con un solo cromosoma, ma di un’altra specie. Questo scambio provoca nella cellula dei cambiamenti strutturali e metabolici tali da ricreare perfettamente quelli della specie di provenienza del cromosoma. Quindi il batterio cambia effettivamente specie, senza particolari problemi di sopravvivenza. Gli studi sono ovviamente in corso, ma per ora stanno incontrando difficoltà nel replicare l’esperimento su cellule più complesse dei batteri, come il lievito. Gli usi medici che questi studi possono aprire sono ancora lontani, ma svariati. Il più interessante sembra quello di poter mutare specie alle cellule staminali di un animale per renderle completamente umane ed utilizzarle su di noi ed evitare, quindi, i noti problemi etici che si incontrano nel campo delle cellule staminali umane. E anche solo questo non è poco. Altro che credersi Dio e voler creare la vita artificiale! Questo è stato solo uno degli esempi, che il convegno ci ha fornito, dell’enorme lavoro che i biologi di tutto il mondo stanno portando avanti partendo dalle scoperte di Watson e Crick e dalla decifrazione del genoma umano, completata da Dulbecco e Venter dieci anni fa. L’argomento è talmente complesso che c’è da stupirsi che gli ultimi 60 anni di ricerche che non hanno prodotto risultati eclatanti (non si sono debellati cancro, Alzheimer e Parkinson come piace sempre elencare sui giornali) non abbiano scoraggiato gli scienziati dal continuare in questo improbo lavoro nel chiuso dei loro laboratori. La schiera di scienziati che sono sfilati al convegno hanno offerto uno straordinario scenario di uomini studiosi, capaci, tenaci, indomabili. Sembra che la struttura funzionale degli organismi viventi escogiti tutti i cavilli più pretestuosi per complicare il lavoro di questi uomini. Il fatto è che le scoperte scientifiche in biologia non vengono fuori come il coniglio dal cappello del prestigiatore, sono invece fatte di un’infinità di piccolissimi passi spesso insignificanti in sé, ma indispensabili per comporre il meraviglioso ed immenso mosaico della biologia. Di fronte a ciò si comprende anche la difficoltà dei poveri giornalisti che devono spiegare all’opinione pubblica a che serve il dispendio di risorse (ben poche in Italia, purtroppo) riversato su questi studi. È per questo che viene sempre sbandierata la bandiera: “un altro passo verso la sconfitta di cancro, Alzheimer e Parkinson!”. Sennò la gente non si prende neanche la briga di leggere l’articolo. E tornano in mente le parole di Dulbecco quando, all’annuncio nel 2001 del completamento del progetto Genoma, di fronte ai titoli trionfalistici dei giornali, si affrettò a raffreddare gli entusiasmi ricordando che sapere come è fatto è una cosa, altra è capire come funziona: il grosso del lavoro cominciava allora. Ma sui giornali ormai si leggeva: “la via maestra alla cura di cancro, Alzheimer e Parkinson è ormai in discesa, ne vedremo delle belle, il mondo sta cambiando”. E non mancavano neanche gli oscurantisti che minacciosi gridavano: “che diritto abbiamo noi di mettere le mani nei principi ‘divini’ della vita?”.La natura ci si ribellerà contro e ci pentiremo! Ricordiamoci cos’è successo quando abbiamo messo le mani nella struttura fondamentale degli atomi che compongono tutto il creato! Le conseguenze della bomba atomica le abbiamo viste tutti e ci siamo dovuti pentire! E, invece, sia nell’atomo che in biologia i risultati positivi sono stati tanti: con l’atomo facciamo le bombe, ma produciamo anche energia non inquinante con cui viviamo tutti meglio di come stavamo 100 anni fa e in biologia, proprio grazie al lavoro di gente come Venter, come ci hanno spiegato gli scienziati di Venezia, oggi siamo in grado di produrre insulina artificiale per il diabete, pelle artificiale per le ustioni, piante additivate di vitamine per i popoli che muoiono di scorbuto o soffrono di cecità endemica a causa della povertà dei cibi disponibili, o coltivazioni molto più produttive che consentono di affrontare con più fiducia l’impetuoso sviluppo demografico che sta soffocando la terra e molto, molto altro ancora si sta preparando nei laboratori. Una dei principali collaboratori di Umberto Veronesi nell’organizzazione del Convegno è stata Chiara Tonelli, professore ordinario di Genetica all’Università degli Studi di Milano, dove dirige un laboratorio di genetica molecolare delle piante, e membro di numerosi comitati di biologia molecolare a livello sia nazionale che internazionale: il comitato di consulenza del Cnr per le scienza biologiche e mediche, la commissione tecnico-scientifica del ministero dell’Ambiente, l’Epso (European plant science organization) e l’Embo (European molecular biology organization). Ho voluto elencare solo alcuni dei titoli della Tonelli, trascurando per altro le sue numerosissime pubblicazioni scientifiche, per dare una parziale indicazione del livello dei personaggi che hanno partecipato al convegno. Nella sua conferenza ci ha illustrato il lavoro che si sta svolgendo in campo vegetale per far fronte ai grandi problemi mondiali riguardo l’inquinamento, la fame, le malattie endemiche da malnutrizione, la mancanza di acqua. L’argomento è molto controverso perché riguarda gli Ogm, cioè gli organismi geneticamente modificati. Ma la manipolazione genetica è indispensabile se si vogliono affrontare questi problemi con la necessaria efficacia. Si stanno producendo piante Ogm che non necessitano di pesticidi perché resistenti agli attacchi dei parassiti, così si aumenta la produzione, si riduce l’inquinamento ed il costo dei prodotti che, quindi, sono sempre più diffusi. Si producono piante che crescono anche in condizioni di siccità e non hanno bisogno di fertilizzanti e che, quindi, non richiedono la lavorazione della terra con notevoli risparmi e vantaggi produttivi e piante da utilizzare per la produzione di “biofuel”, cioè di carburanti di origine vegetale poco inquinanti. E poi, piante che producono vaccini, per cui mangiando ci si cura e si prevengono malattie epidemiche e, ancora, piante che disinquinano il suolo. Insomma, gli sviluppi e le potenzialità degli Ogm sono infiniti e c’è da chiedersi veramente, di fronte a tanti vantaggi, quali possano mai essere le obiezioni che molti muovono a queste nuove tecnologie, visti i vantaggi economici, ambientali, sociali, globali, energetici, medici e umani che permettono. Se si vogliono esaminare le risposte alle obiezioni mosse agli Ogm, (rischi, invasività, biodiversità, allergie, etc.), conviene andarsi a leggere l’agile volumetto che la Tonelli ha scritto assieme a Veronesi: “Che cosa sono gli organismi geneticamente modificati” (Sperling), dimostrando grande capacità divulgativa anche in argomenti così complessi, senza sottrarsi a nessuna critica, da qualunque pulpito provenga. Da simpatizzante degli Ogm, mi sono permesso di fare un’unica osservazione: ma il “biofuel” è davvero così necessario produrlo? Non si sottraggono, così, terreni alle coltivazioni a carattere alimentare di cui, come visto, c’è tanto bisogno? E poi cosa facciamo? Coltiviamo piante per poi bruciarle e produrre altra Co2? Non è una doppia contraddizione questa?Calma, mi ha replicato, c’è una risposta anche a queste banali domande: intanto la produzione di Co2, dovuta alla combustione di “biofuel”, è compensata dall’assorbimento di Co2 delle vegetazioni coltivate, per cui la produzione e la combustione di “biofuel” è un processo complessivamente a bilancio nullo di Co2 e, poi, i terreni da utilizzare non sono sottratti alle coltivazioni alimentari, possono essere quelli altrimenti improduttivi.Però, che mondo stupefacente ci si sta parando innanzi! E pensare che tutto si è messo in moto quando nel 1953 quei due studiosi inglesi, in un laboratorio dell’università di Cambridge, si misero a studiare la doppia elica del Dna. È una rivoluzione epocale, paragonabile all’invenzione dell’agricoltura dei nostri antenati primordiali.
sandro.longo@libero.it

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